In particolare i giudici veneti hanno chiarito che tali scelte, in presenza dei requisiti ex art. 11 d.l. 1/2012 ( 1 farmacia ogni 3300 abitanti) è prettamente discrezionale.
Pertanto la decisione del Comune relativamente a se e dove aprire le eventuali nuove sedi farmaceutiche non può basarsi su motivi di redditività delle varie farmacie già presenti nel territorio, poiché la nuova normativa è “finalizzata a garantire una più capillare presenza sul territorio delle farmacie e a facilitare l’accesso alla titolarità delle stesse da parte dei farmacisti“.
]]>“Con il contratto di rete più imprenditori ….. si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare …. a scambiarsi informazioni o prestazioni… ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa” (art. 3, c. 4-ter, D.L. 5/2009)
]]>La Suprema Corte di Cassazione con un’innovativa Sentenza, n. 6855 del 03 aprile 2015, mutando il precedente orientamento, afferma il principio in base al quale ove il coniuge divorziato instauri una famiglia di fatto, viene meno ogni presupposto per la riconoscibilità in suo favore dell’assegno divorzile.
Con sentenza n. 14040 depositata il 3 aprile 2015, la Corte di cassazione, ha ritenuto colpevole del reato di peculato d’uso l’amministratore di un’azienda privata, che svolgeva attività nell’interessi di enti pubblici, che abbia utilizzato l’auto aziendale per scopi privati.
Secondo i Supremi Giudici il peculato d’uso ricorre– in base ad un consolidato orientamento giurisprudenziale– tutte le volte che vi sia un uso temporaneo della cosa, che ne comporti la sottrazione solo momentanea alla sua destinazione istituzionale.. La Cassazione ha chiarito che l’utilizzo per fini personali dell’autovettura nella sua disponibilità per effetto dell’ufficio ricoperto, sia pienamente sussumibile – pur a fronte dei ripetuti episodi di indebito utilizzo – nella fattispecie di peculato d’uso. |
Il fatto riguardava uno sfortunato ciclista che imbattutosi nella ghiaia lungo un tratto di strada provinciale all’altezza dell’incrocio con altro sterrato comunale, aveva perso totalmente il controllo del mezzo, cadendo e decedendo poco dopo.
La Cassazione, nel confermare le decisioni di primo e secondo grado, ha chiarito che l’eventuale assenza di prova certa circa la provenienza della ghiaia dal tracciato comunale e l’intervento di altri fattori (elevata velocità del ciclista e abbondanza di piogge il giorno prima) configurabili quali elementi di esclusione della responsabilità ex art. 2051 cod. civ., non fa venire meno l’obbligo di custodia e manutenzione della strada a carico dell’Amministrazione Comunale
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Il privato, in questo contesto, ha diritto a chiedere la restituzione del terreno salvo che non decida di abdicare al suo diritto e chiedere il risarcimento del danno.
Lo stesso – continua il Supremo collegio – ha, altresì, diritto al risarcimento dei danni per il periodo, non coperto dall’eventuale occupazione legittima, durante il quale ha subito la perdita delle utilità ricavabili dal terreno e ciò sino al momento della restituzione ovvero sino al momento in cui richieda il risarcimento del danno per equivalente, abdicando alla proprietà del terreno.
Lla Suprema Corte ha infine affermato il contrasto dell’istituto dell’occupazione acquisitiva rispetto al protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
]]>La Corte ha chiarito che, ai fini della responsabilità, è sufficiente che l’attrezzo, sebbene non di proprietà del datore di lavoro, fosse comunque nella disponibilità dei dipendenti.
Infatti, anche se i lavoratori potevano servirsi di scale conformi alle prescrizioni, mancando un espresso divieto di servirsi di altro strumento non a norma o cartelli che ne inibissero l’uso, sussiste la responsabilità colposa del datore di lavoro che non abbia preventivamente controllato le condizione dell’attrezzatura ed eliminato quella non a norma.
In definitiva, non integra una condotta anomala o imprevedibile il fatto che l’operaio abbia usato, nel caso di specie, la prima scala a portata di mano senza averne cercata altra più sicura.
]]>Con un’interessante (e coraggiosa) sentenza depositata il 29.07.2014, che si allega, il Collegio Secondo della Commissione Tributaria Provinciale di Macerata ha accolto il ricorso presentato da alcuni Comuni avverso il diniego interposto dall’Agenzia delle Entrate, riconoscendo alle Amministrazioni Comunali il diritto al rimborso della Tassa sulle Concessioni Governative sulla telefonia mobile in abbonamento e condannando l’Ufficio al pagamento delle spese di giustizia.
La vicenda, come noto, è stata oggetto della recente sentenza delle SS.UU. n. 9560/2014 che, non senza qualche critica da parte dei commentatori del diritto, hanno accolto le tesi dello Stato ritenendo dovuta la Tassa. Nel frattempo il Governo Italiano per evitare problemi con eventuali obblighi di restituzione del tributo si era affrettato a licenziare il decreto legge 4/2014 (poi convertito) che, in sostanza, riteneva dovuto il tributo.
Nella corposa e chiara sentenza allegata, invece, il Collegio dei Giudici marchigiani ha ritenuto di non condividere l’arresto delle Sezioni Unite; poiché “il presupposto indefettibile della tassa è sempre e comunque l’esistenza di un provvedimento amministrativo di natura concessoria o autorizzatoria, che non è però assolutamente previsto dalle normative sull’impiego del telefonino“.
Oltre alla condivisibile decisione della CTP Macerata si segnala che la CTR Veneto con Ordinanza n. 385/24/14 del 11.06.2014 ha deciso di rimettere la questione relativa alla legittimità comunitaria della TCG alla Corte Europea. Si attendono sviluppi anche su questo fronte.
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Così in ipotesi di convivenza durata almeno 3 anni dalla celebrazione del matrimonio non sarà più possibile ottenere la dichiarazione di efficacia nella Repubblica Italiana delle sentenze definitive di nullità di matrimonio pronunciate dai tribunali ecclesiastici, per qualsiasi vizio generico del matrimonio accertato e dichiarato dal giudice ecclesiastico nell’ordine canonico.
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